Avete mai provato a viaggiare guardando indietro?
Stamattina mi trovavo sul tram che da casa mi porta all'università; per arrivare a un orario decente e poter prendere un posto in aula sono costretta a svegliarmi alle 6 e ad uscire prima delle 7 del mattino, immergendomi nell'aria pungente e umida di un giorno che stenta ancora ad iniziare. Per una serie di fortunate coincidenze sono riuscita a trovare persino un posto seduta, proprio in coda al tram; per chi non è solito prendere questo tipo di mezzo, converrà che io faccia una piccola introduzione. In coda alla carrozza del tram, o almeno di uno dei modelli semi-recenti, si trova un oblò rettangolare che concede al passeggero di curiosare all'interno della cabina dell'autista, che a sua volta è dotata di un'ampia vetrata vagamente trapezoidale. Ecco, stamattina ho avuto modo di sedermi proprio vicino a questo oblò. Solitamente in tram leggo ma oggi avevo anche dimenticato di mettere nello zaino un libro e quindi, siccome odio fissare le persone che mi siedono davanti, mi sono persa ad osservare il panorama offerto da una città che, nonostante il buio, è già sveglia da ore. Ma non sono le insegne dei bar, unici esercizi aperti a quell'ora, che come stelle rendono meno buia l'aria, ad avermi colpita. Ne mi ha colpita la quantità di persone che si trascinava, più o meno di corsa, in giro per le vie. A colpirmi è stata la strada stessa.
E allora ripeto la domanda: avete mai provato a viaggiare guardando indietro?
Isolandomi dal resto della carrozza che andava via via riempendosi ad ogni fermata a cui ci fermavamo, mi sono persa ad osservare una strada che, ai miei occhi, appariva completamente nuova. Nuove curve. Nuovi incroci. Nuovi panorami. Mi sembrava di non aver mai percorso nulla di simile, seppur razionalmente sapevo che quella non era che la strada che ormai compio da anni. Anni! Anni in cui evidentemente non mi ero mai soffermata a guardare veramente, lasciando che le immagini di un monotono viaggio mi scorressero davanti agli occhi senza davvero imprimersi nella mia mente. Stamattina, per la prima volta, so di aver osservato la strada. Ed è stato uno dei viaggi più belli che un mezzo pubblico mi abbia mai concesso di compiere. Vista dalla coda di un tram, la mia città mi è sembrata completamente diversa: forse lo era davvero, o forse erano i miei occhi a vederla diversamente. La meraviglia di scoprire nuovi posti, o semplicemente piccole curve a cui non avevo mai fatto caso, curve che rendono il cammino del mezzo meno lineare ma più interessante.
E mentre ero lì che osservavo quei binari metallici compiere lievi svolte che non avevo mai notato, mi sono ritrovata a pensare che forse, metaforicamente, il tram ero io, e che quindi quei binari non erano altro che la mia vita. Credetemi, non sono una persona che solitamente si perde in questo tipo di riflessioni, soprattutto di prima mattina, eppure quella scoperta è arrivata in maniera talmente spontanea che mi ha lasciato sgomenta. Piacevolmente sgomenta. Perché è vero: la nostra vita non è lineare ma costellata di piccole o grandi "curve", eventi che in un modo o nell'altro ci portano a deviare dal normale percorso e rendono la nostra vita veramente nostra. Ricordi, più o meno piacevoli, segnano indelebilmente il nostro cammino, contribuendo a farla deragliare, a trasformarla in qualcosa di poco prevedibile e, allo stesso tempo, di meraviglioso. Perché, diciamocelo, se la vita scorresse tutta uguale, se percorresse sempre dei binari dritti, sarebbe di una noia mortale.
Poi il viaggio è arrivato al termine e io sono scesa dal tram, con la testa ancora piacevolmente scossa da quella piccola illuminazione che mi ha colta strada facendo; sempre per la stessa serie di coincidenze, sono arrivata ben prima del normale e dunque la zona nei pressi dell'università era anch'essa immersa in una sonnolente placidità, un evento davvero raro. Mentre aspettavo che il semaforo pedonale diventasse verde, ho spostato lo sguardo verso i binari che il tram da cui ero appena scesa stava percorrendo, quelli davanti a sé: binari che dopo qualche metro svanivano dalla mia vista, divenendo nuovamente imprevedibili. Sarà che ormai ero completamente presa da quelle riflessioni, ma mi è sembrato spontaneo vedere in ciò, ancora una volta, una metafora sulla vita: imprevedibile, ci rendiamo conto di ciò che ci sta succedendo solo quando siamo immersi in essa, o a volte solamente dopo, guardandoci indietro.
Ciascuno di noi ha un presente, un passato e un futuro.
Il passato è ciò che di più certo abbiamo: i ricordi piacevoli ci aiutano ad andare avanti nei momenti bui, i traumi del passato condizionano le nostre azioni presenti, in egual misura i ricordi belli e quelli meno belli formano la persona che siamo oggi. Vivere ignorando il passato è impossibile, perché è proprio grazie a esso se oggi siamo qui, con tutto il nostro bagaglio di esperienze.
Il futuro ci spaventa: è incerto, imprevedibile, troppo vasto per poter essere compreso dalla nostra mente. So che insito nella natura umana c'è il desiderio di controllare il proprio futuro, di indirizzarlo verso la direzione che sembra più vantaggiosa, ma se personalmente mi soffermo a riflettere su cosa realmente mi attende, vengo sopraffatta da un unico sentimento: il panico. Panico, sì. Di quello che ti atterrisce, che ti scuote da dentro e ti mozza il respiro. Quello che ti porta alla tachicardia. Ecco, quel panico.
E poi c'è il presente. Il presente che va vissuto attimo per attimo, giorno per giorno, senza dare nulla per scontato: affetti, amori...vita. Il presente ci offre tutta una gamma di possibilità, infinite forse, o forse semplicemente così ampie che il nostro cervello non riesce a raccoglierle tutte: nessuna di esse va sprecata. Perché? Semplicemente perché il presente ci mette poco a diventare passato: un battito di ciglia, un respiro, e tutto diventa passato.
E quindi godiamoci il nostro presente: abbracciamo chi ci è caro, dimostriamo il nostro affetto alle persone che ci sono vicine, litighiamo (perché è naturale farlo) e poi facciamo la pace, in poche parole...viviamo! Solo così riusciremo ad andare avanti senza rimpianti, o quantomeno con meno di quelli che avremmo se passassimo la nostra vita a preoccuparci eccessivamente del nostro futuro, o se fossimo troppo impegnati a scappare dal nostro passato.
Tutto questo, con un unico viaggio sul tram.
Avete mai provato a viaggiare guardando indietro? Provateci.
Tutto ciò che vedrete alle vostre spalle sarà ciò che vi avrà formato in quanto persone, ciò che vi avrà reso gli esseri unici che siete.
E dopo esservi guardati indietro, dopo aver fatto tesoro di ciò che vi ha reso tali, continuate a viaggiare guardando avanti, costruite il vostro presente e il vostro futuro. Sempre.
Dedicata a L.
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Buon pomeriggio, cari lettori.
So che questo forse è un post un po' inusuale ma riflettevo da un bel po' sul fatto di dare una svolta ancor più personale a questo mio angolo virtuale e oggi mi sono fatta coraggio e sono riuscita a mettere su carta, seppur solo metaforicamente, una riflessione che mi ha colpita questa mattina. Il post è stato scritto di getto, senza cancellazioni o modifiche: ho lasciato che la coscienza guidasse le mie dita. Questo per dire che se trovate dei tempi verbali non troppo precisi, perdonatemi. Non credo di dover dire null'altro a riguardo, se non che questa riflessione arriva in un giorno non felice, seppur sia nata casualmente prima che la brutta notizia arrivasse alle mie orecchie. Empatia? Preveggenza? Non ne ho idea. So che forse per alcuni questo post sarà banale, forse riempito di luoghi comuni: non importa. Ha senso per me, mi sentivo di farlo, e se anche riuscirà a raggiungere un'unica persona io ne sarò felice. Più che felice.
Adesso fuggo, mi preparo per la palestra e vado a faticare un pochino per snebbiarmi la mente. Al prossimo post! Che, promesso, sarà meno pesante di questo!
P.s: non avevo idea di come intitolare il post e quindi per adesso l'ho chiamato così, ma credo che nessuno si formalizzerà a riguardo, o almeno lo spero!