Buon pomeriggio, cari lettori, e benvenuti in questo nuovo post!
Oggi è venerdì, il fine settimana è alle porte: come avete intenzione di passarlo? Personalmente non ho in mente nulla di innovativo, lo passerò in famiglia come sempre, forse lavorando a una piccola cosina in vista del Romics, sempre che riesca a reperire tutto il necessario! Già stamattina sono andata in perlustrazione con un amico alla ricerca di materiale, e fortuna che lui se la cava nel bricolage altrimenti sarei davvero spacciata! Tornando a noi, oggi ho intenzione di fare quattro chiacchiere su un libro abbastanza particolare. In effetti, sono stata indecisa fino all'ultimo se parlarvi di quest'opera perché comprendo che non sia né reperibilissimo (credo) né convenzionale come opera. Si tratta di "Racconti di pioggia e di luna" di Ueda Akinari. Prima di passare ai soliti punti, vorrei introdurvi la figura di questo scrittore, in modo tale che riusciate a inquadrare meglio il contesto in cui si sviluppa il libro. Ueda Akinari (1734-1809) è uno dei rappresentanti più raffinati e originali della cultura del Giappone premoderno, autore di racconti in cui cronaca, storia e leggenda si intrecciano indissolubilmente, pur rimandando spesso ai grandi scritti di epoca classica. Detto questo...parliamone!
La trama: non esiste una vera e propria trama di questo libro, in quanto è costituito da nove racconti slegati fra loro. Unico elemento in comune: sono tutte storie di fantasmi. Le storie traggono ispirazione sia dal folclore e dalla letteratura cinesi, sia da motivi tipici dei romanzi e del teatro giapponese, ma tutte sono rielaborate in maniera originale.
Commenti vari&eventuali: più vado avanti in questa recensione più mi accorgo che mi sono cacciata davvero in una situazione spinosa. Descrivere questo libro non è affatto una cosa semplice, quindi cercherò di farlo al meglio delle mie possibilità ma mi scuso fin da ora se il tutto dovesse risultare poco organico o troppo breve.
Direi di iniziare dicendo cosa mi è piaciuto di questo libro: il modo in cui è scritto. Pur essendo, infatti, un'opera molto particolare, il modo in cui è scritto lo rende adatto per essere letto da tutti, partendo da chi studia la letteratura orientale per arrivare a chi, semplicemente incuriosito, decide di avvicinarsi all'opera. I periodi sono di facile comprensione e rendono la lettura scorrevole, oltre che piacevole; i termini lasciati in lingua originale sono spiegati in un interessante glossario al termine del libro, e dunque non costituiscono un ostacolo alla comprensione generale del libro. Le trame dei racconti in sé, inoltre, sono piuttosto interessanti, salvo un paio di eccezioni che ammetto di aver fatto fatica io stessa a leggere. La brevità di ogni racconto e del libro in sé (solo 183 pagine) lo rendono inoltre una lettura che può essere portata rapidamente a termine.
Cosa c'è che non va, quindi, in questo libro? In realtà non si tratta di un vero e proprio difetto del libro, tuttavia è sicuramente l'elemento che porta la maggior parte delle persone ad abbandonare la lettura o a non avvicinarvisi proprio: non è un libro semplice. Con questo intendo dire che non è un libro che può essere letto la sera prima di dormire: si può tentare, certo, ma ritengo che serva una certa freschezza nel cervello per poter comprendere tutte le sfumature più profonde di quest'opera. Ogni racconto, infatti, presenta diversi piani di lettura: sta al lettore decidere quale piano seguire. Si passa da quello più semplice, legato alla semplice storia narrata in ogni racconto, ma se si sviscera ciascun episodio ci si rende conto delle profonde riflessioni che Akinari tenta di stimolare. Riflessioni sulla morale, sull'etica, camuffate da semplice racconto: un metodo narrativo ben caro anche agli orientali, oltre che a noi occidentali.
Analizzare i personaggi che compongono l'opera è impossibile dal momento che non vi è continuità neanche in questi, seppur essenzialmente in ogni racconto ci sia un eroe e un antagonista che cerca di portarlo lontano dalla retta via, o di ostacolarlo nel raggiungimento di un obiettivo. Nulla di originale, sotto questo punto di vista: tutte cose già viste.
Note: mi rendo conto che la recensione possa sembrare stringata ma non c'è molto altro da dire su quest'opera così particolare. Personalmente vi consiglio di dare una letta anche solo a uno dei racconti raccolti in quest'opera, perché io ne sono rimasta affascinata, seppur mi rendo conto che forse non è un libro facilmente reperibile (io lo trovai da Orientalia, libreria della mia città specializzata in testi provenienti dall'oriente). Spero di non avervi annoiato con queste chiacchiere, so che non è la recensione più brillante che io abbia mai fatto ma mi sentivo di consigliarvi una lettura che uscisse un po' dai soliti schemi. Al prossimo post!